DMO americane

Appunti dal viaggio tra le DMO americane

Rientrato dagli USA — e su richiesta di molti di voi per maggiori dettagli sulle innovazioni nel mondo delle DMO americane — ho riordinato gli appunti presi durante il mio viaggio e le riunioni con i colleghi destination manager.

Ecco alcuni esempi rilevanti di Destination Marketing Organizations (DMO) negli Stati Uniti (e anche Canada), che meritano attenzione per i loro approcci e modelli organizzativi. Premessa fondamentale: le DMO statunitensi sono concettualmente molto diverse da quelle europee, in particolare da quelle italiane.

Le DMO americane

Le DMO USA sono enti privati o semi-pubblici, spesso strutturate come:

  • Organizzazioni non profit 501(c)(6): promuovono gli interessi collettivi di un settore, sono esenti da imposte sul reddito e si finanziano tramite contributi associativi, sponsorship e tasse di soggiorno;
  • Agenzie quasi-governative: istituite da governi locali o statali, ricevono fondi pubblici e operano sotto controllo istituzionale

La principale differenza fra noi e loro è l’implicazione degli operatori privati, che finanziano e pagano per dei servizi che la DMO gli offre. In pratica, le DMO americane sono aziende che offrono servizi al settore turistico e ai turisti.

In entrambi i casi, le DMO hanno un approccio operativo concorrenziale e orientato ai risultati, perché costantemente “stressate” da stakeholder e shareholder. Il modello organizzativo prevalente in USA è quello del Convention & Visitors Bureau, e devo dire anche che si osserva una sana, ma dura, concorrenza tra le DMO, che lottano per attirare i turisti verso le loro destinazioni, poiché significa ottenere risultati.

Le DMO USA che mi sono risultate più interessanti per approccio e innovazione sono:

1. Los Angeles Tourism & Convention Board – sostenibilità e inclusività

Ha abbandonato il marketing tradizionale per adottare una visione di destination stewardship. Il piano strategico include obiettivi di sostenibilità e inclusività, con il coinvolgimento attivo di stakeholder pubblici e privati. Un passo decisivo è stata l’adesione al Global Sustainable Tourism Council (GSTC), fatto tutt’altro che comune negli USA.

2. Nashville Convention & Visitors Corp. – responsabilità e bilanciamento

Ha lanciato una campagna su “rispetto e responsabilità”, rivolta a turisti e residenti. L’obiettivo è proteggere l’attrattività della città e contenere l’overtourism, rispondendo alle preoccupazioni dei residenti senza rinunciare al valore economico del turismo. Una DMO che si comporta da mediatore attivo, non solo da promotore.

3. Colorado Tourism Office (CTO) – strategia a lungo termine

Probabilmente il caso più esemplare. Il CTO ha elaborato un piano decennale per una gestione sostenibile della destinazione. Attraverso la campagna “Do Colorado Right”, promuove comportamenti turistici rispettosi verso ambiente e comunità. Forte la dimensione partecipativa: stakeholder locali e cittadini sono parte del processo decisionale.

4. Maine Office of Tourism – esperienze autentiche e baseline di sostenibilità

Questa DMO a livello statale lavora per costruire un’offerta di esperienze autentiche in contesti naturali. Sta creando una baseline di indicatori di sostenibilità per misurare l’impatto e orientare le strategie future, partendo dalla consapevolezza del contesto reale. Il Maine ha un’eccellente attrattività naturale, con le sue coste e paesini e, pertanto, si avvale dei “locals” per creare prodotti turistici esperienziali.

5. Pennsylvania Wilds – governance del territorio e certificazione

Ha sviluppato un modello di turismo sostenibile che valorizza il capitale naturale e culturale locale. La DMO ha attivato programmi di certificazione per le imprese e pratiche di marketing responsabile. Un esempio di governance territoriale diffusa, basata su qualità, autorevolezza e coerenza.

6. Thompson Okanagan Tourism Association (Canada) – benchmark anche per gli USA

Sebbene sia canadese, TOTA è spesso citata come riferimento dalle DMO americane. Il suo approccio include la misurazione dell’impronta di carbonio della destinazione, l’attivazione di reti locali per la sostenibilità, e una forte attenzione alla rigenerazione culturale. Una strategia che unisce misurabilità e visione.

Riflessioni finali

Questi esempi confermano che le DMO non devono più solo promuovere: devono gestire, pianificare e guidare il cambiamento nel loro territorio, ma soprattutto essere concrete ed autorevoli nei confronti sia delle amministrazioni, sia degli operatori turistici locali.
Ribadisco che le esperienze americane non vanno copiate, ma comprese e adattate, perché possono fornirci ispirazioni.

Perché anche da questa parte dell’oceano, e in particolare nel nostro Mediterraneo, il turismo ha bisogno di leadership, e non solo di promozione.

di Josep Ejarque