Il cambio di paradigma

Dal turismo dei numeri al turismo di valore: il cambio di paradigma

Per decenni le destinazioni turistiche hanno vissuto in una sorta di ebrezza quantitativa. I numeri erano tutto: arrivi, presenze, tassi di occupazione, spesa media giornaliera; e il concetto era semplice: molti arrivi e buone presenze equivalgono ad una stagione turistica soddisfacente. In sostanza, erano indicatori semplici da comunicare a stakeholder e media, e che costruivano la narrazione del successo. Più turisti significava più ricchezza, più sviluppo, più riconoscimento internazionale.

Oggi sappiamo che questo modello ha svelato i suoi limiti. L’ossessione per i numeri ha portato alla saturazione, alla perdita di identità, ad impatti ambientali e tensioni sociali. Addirittura anche gli operatori di molte destinazioni hanno iniziato ad affermare il loro dissenso. Questo modo di creare e gestire il turismo, ha generato destinazioni che “funzionano” in termini economici, ma invivibili per chi le abita e deludenti per chi le visita.

Questo modo di lavorare e di vedere il turismo nelle destinazioni ha prodotto ciò che spesso abbiamo visto in quest’ultimo anno: una stagione in chiaroscuro. Ma osservando il dettaglio, emerge una situazione curiosa, ovvero che anche nelle destinazioni in cui la stagione non è andata bene, gli operatori con un buon prodotto e che si danno da fare, hanno avuto risultati soddisfacenti; mentre hanno sofferto gli operatori con prodotti “demodé” o che utilizzano la sola leva del prezzo.

Tutti dobbiamo essere consapevoli, dalle destinazioni agli operatori, che siamo di fronte ad un cambio di paradigma radicale. Non “un’aggiustatina” né un compromesso, ma una rottura con il passato: dal turismo di massa al turismo di valore. Un passaggio che il World Travel & Tourism Council ha indicato chiaramente nel rapporto Managing Destination Overcrowding e che oggi rappresenta la frontiera per chiunque voglia gestire il turismo con visione e responsabilità.

Il vecchio paradigma: la trappola dei numeri

Il modello basato sui volumi è stato il motore di molte destinazioni negli anni ’80 e ’90, ed ha accompagnato la globalizzazione turistica degli anni 2000, ma si tratta di un paradigma che si è già rivelato lineare, fragile e miope.

Perché questo modello non funziona? Semplice! Perché ha trasformato il turismo in una catena di montaggio, in cui i visitatori diventano flussi da spostare, non persone da accogliere. Ha creato dipendenze economiche pericolose, con territori incapaci di reggere shock esterni (la pandemia lo ha dimostrato con brutalità). Ma soprattutto ha portato al sovraccarico infrastrutturale e strutturale, con città e territori congestionati, ostili sia ai visitatori che ai residenti. È un modello che non può più garantire né sostenibilità né competitività. Ha prodotto un turismo che consuma anziché generare, che sfrutta anziché restituire. In sostanza, il turismo non può più essere trattato come si faceva con l’industria automobilistica del secolo scorso, dove la logica era “più produci, più guadagni”.

Il nuovo paradigma: il turismo come generatore di valore

Il cambio di paradigma impone di rispondere a una domanda semplice ma radicale: che cosa produce davvero il turismo? Deve essere chiaro a tutti, anche agli amministratori: se produce solo numeri, è un boomerang, se invece genera valore, diventa una leva straordinaria di sviluppo economico, sociale e culturale.

Il valore si misura su tre dimensioni fondamentali:

  1. Valore per il visitatore
    Oggi i turisti cercano autenticità, trasformazione personale, esperienze che diano senso al viaggio. Non vogliono essere spettatori di una destinazione come se fosse un parco a tema, ma protagonisti di un incontro con un territorio e la sua identità. Una destinazione di valore sa selezionare i turisti giusti e offrirgli ciò che non possono trovare altrove: relazioni, emozioni, significati.
  2. Valore per la comunità locale
    Nessuna destinazione è sostenibile se i cittadini non ne percepiscono i benefici. La comunità deve essere partecipe, orgogliosa, coinvolta. Il turismo non deve togliere spazi e servizi, ma restituirli; non deve generare conflitti, ma rafforzare coesione sociale. Il valore si costruisce se il turismo diventa una leva di benessere diffuso.
  3. Valore per l’ambiente e le generazioni future
    Il capitale naturale e culturale non è infinito. Una destinazione che non lo tutela, si autodistrugge. Il nuovo paradigma impone pratiche di rigenerazione, di gestione intelligente delle risorse, di adattamento climatico. Il turismo diventa competitivo solo se è anche rigenerativo.

Governance: il cuore del cambiamento

Nessun cambio di paradigma né di modello in una destinazione avviene senza governance. È la regia strategica che può trasformare una destinazione da campo di battaglia di interessi contrapposti a ecosistema coeso e competitivo.

  • Dati e misurazione: non si può gestire ciò che non si misura. Servono nuovi indicatori che vadano oltre i numeri tradizionali, capaci di valutare qualità, impatti e distribuzione dei benefici;
  • Tecnologia e innovazione: strumenti predittivi, intelligenza artificiale, big data. Non come gadget, ma come infrastruttura di gestione;
  • Collaborazione pubblico-privata: un modello di partnership reale, efficace e responsabile;
  • Attenzione alla comunità: i cittadini devono avere un ruolo, non essere semplici comparse;
  • Visione a lungo termine: smettere di ragionare con logiche annuali o elettorali, il turismo si pianifica.

La cassetta degli attrezzi del Destination Manager orientato al valore

Il nuovo paradigma non vive di slogan, ma soprattutto di #fuffaturismo. Ha bisogno di strumenti concreti, di una vera cassetta degli attrezzi.

  1. Indicatori avanzati: introdurre KPI di sostenibilità sociale e ambientale, come la percezione dei residenti, la qualità dell’esperienza, ecc.;
  2. Segmentazione intelligente: puntare ai mercati affini, ridurre quelli incompatibili, modulare la domanda;
  3. DMO evolute: organismi di gestione che siano vere centrali strategiche e operative, non solo uffici promozionali;
  4. Attenzione ai residenti: canali permanenti di dialogo con la comunità;
  5. Tecnologia predittiva: AI per distribuire flussi, orientare esperienze, prevenire congestioni;
  6. Branding identitario: posizionare la destinazione in base al suo DNA, non alle mode del momento;
  7. Turismo rigenerativo: progetti che restituiscano valore all’ambiente e alla cultura;
  8. Prodotti e proposte credibili: non di facciata.

Questi strumenti non sono opzionali, bensì la condizione per realizzare il cambio di paradigma.

La mia visione: radicalità, non compromessi

Ormai sono un po’ di anni che faccio destination management e marketing. In questi anni ho avuto la fortuna di portare avanti casi e modelli di successo, ma ho anche commesso degli errori, dai quali ho imparato. L’esperienza infatti è stata una buona scuola, che ora mi permette di capire quanto è fondamentale per un destination manager la flessibilità e il sapere adeguare velocemente strategie e tattiche, sia nella gestione che nel marketing di una destinazione. Di conseguenza, ho capito che qui si colloca il nodo della questione: non possiamo permetterci compromessi.

Per questi motivi mi permetto di dire che:

  • Una destinazione che ancora misura il successo con gli arrivi è destinata all’irrilevanza;
  • Un destination manager che non guida questa transizione è complice del declino;
  • Chi cerca di bilanciare volume e valore senza scegliere, resta prigioniero di un modello che brucia reputazione e futuro.

Il turismo è una straordinaria opportunità, ma solo se gestito con visione strategica. Non serve “mitigare l’overtourism”, serve cambiarne le regole. Non serve “distribuire i flussi”, serve ridisegnare i modelli. Non serve rincorrere i numeri, serve creare valore.

Il turismo del futuro non si giocherà sulla capacità di riempire stanze o contare arrivi, ma sulla capacità di creare valore condiviso per chi visita, per chi vive e per chi erediterà i territori.

Questo è il cambio di paradigma: dal volume al valore, dalla quantità alla qualità, dal consumo alla rigenerazione. Chi avrà il coraggio di guidarlo sarà la nuova avanguardia del destination management. Chi resterà ancorato al vecchio modello, verrà superato dalla storia. La scelta è davanti a noi.

di Josep Ejarque